L’acqua liquida di Marte
25 Luglio 2018
Grazie al radar MARSIS della sonda Mars Express Orbiter dell’ESA, un gruppo di ricercatori italiani è riuscito a trovare ciò che la comunità scientifica ha cercato invano per trent’anni: acqua liquida su Marte.
Trent’anni di ipotesi, dieci di tentativi, dozzine di sonde e tantissimi dati. Pochi sono gli argomenti che hanno animato la comunità scientifica quanto la ricerca di un solo, prezioso elemento: l’acqua liquida su Marte. E ora, eccola lì: sotto la calotta del Polo Sud marziano, uno scintillante lago di acqua salata, a portata di radar. Lo studio è stato pubblicato il 26 luglio 2018 su Science da un team di ricercatori tutto italiano.
“Si tratta della prima evidenza di acqua liquida al di fuori del nostro pianeta” afferma orgogliosa la prof.ssa Elena Pettinelli, che lavora, come altri autori dello studio, presso il Dipartimento di Matematica e Fisica dell’Università Roma Tre, “un lago di 20 chilometri quadrati a 1.5 chilometri di profondità”. Ma come hanno fatto i ricercatori a scovare questo lago sotterraneo distante milioni di chilometri dalla Terra? Grazie ad una tecnica tanto semplice quanto potente: quella del radar.
Espresso per Marte
Le misure sono state effettuate dal radar MARSIS presente su Mars Express, una sonda dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) che orbita attorno al pianeta rosso, raccogliendo dati, da quasi quindici anni. MARSIS, in particolare, è stato concepito e realizzato in Italia con un forte contributo statunitense, ed è in grado di emettere alcuni segnali radio e raccoglierne le eventuali riflessioni causate dalla superficie o dalle discontinuità presenti poco sotto di essa. I segnali radio, infatti, come tutte le onde elettromagnetiche, quando attraversano un mezzo possono esserne influenzate: studiando il modo in cui ciò avviene è possibile ricavare tantissime informazioni sul mezzo che le onde hanno attraversato.
La scoperta
I dati che oggi vediamo comparire nell’articolo di Science sono stati acquisiti nell’arco di tre anni, dal maggio 2012 al dicembre 2015. Dalla prima misura, infatti, si è dovuta attendere nuovamente la notte polare marziana, che a causa del lungo periodo di rivoluzione di Marte (687 giorni) avviene circa ogni anno al Polo Sud. La notte garantisce una minore influenza sulle misure da parte della ionosfera del pianeta, la porzione di atmosfera che, se colpita dai raggi del Sole, subisce una forte ionizzazione dei gas.
Più di tre anni di lavoro intenso, quindi, durante i quali i ricercatori hanno raccolto abbastanza misure da poter affermare con estrema confidenza che in prossimità del Planum Australe di Marte, sotto un chilometro e mezzo di ghiaccio misto a polvere, vi è una superficie che riflette le onde radio in un modo perfettamente in accordo con la presenza di materiali che contengono notevoli quantità di acqua liquida. In altre parole: un laghetto di acqua liquida, grande venti chilometri quadri, più o meno quanto il centro di Roma.
“In realtà, già nel 2008 osservammo qualcosa di anomalo proprio lì, sotto la superficie” ammette la prof.ssa Pettinelli, “ma all’epoca non potevamo esserne sicuri, anche a causa del modo in cui i dati vengono gestiti a bordo della sonda”. La sonda, in effetti, è stata programmata per effettuare una serie di operazioni sui dati acquisiti prima di inviarli a Terra, in modo da renderli più facilmente gestibili. I ricercatori, però, si sono accorti che questo poteva compromettere l’informazione in essi contenuta. Con caparbietà e pazienza, quindi, hanno deciso di rifare l’acquisizione e processare i dati grezzi, fino a scoprire quello nessuno era riuscito a scovare. “Ci ha aiutato molto anche la profonda conoscenza delle proprietà dielettriche del ghiaccio che abbiamo costruito in anni di ricerca presso il laboratorio di Fisica Applicata alla Terra ed i Pianeti dell’Università Roma Tre”.
Le implicazioni
Trovare un lago di acqua liquida sotto la superficie di Marte ha varie implicazioni. Innanzitutto, fornisce una preziosa conferma di dove possa essere finita parte dell’acqua che un tempo scorreva abbondante sulla superficie marziana sotto forma di mari, laghi e fiumi. Gli scienziati, infatti, pensano che, se buona parte dell’acqua potrebbe essere stata portata via dal vento solare o potrebbe aver formato le calotte ghiacciate, la restante quantità di acqua potrebbe essere stata intrappolata nelle profondità, conservando il suo stato liquido.
La più importante conseguenza della scoperta, però, riguarda la possibilità di trovare vita. Protetta dalle violenti trasformazioni che deve aver subito Marte nel corso di milioni di anni, dalle sue temperature glaciali e dalle sue tempeste di sabbia, proprio lì, sotto la calotta, potrebbe essersi preservata una microbica, preziosa forma di vita marziana. “Le caratteristiche dell’eco radar ci fanno ritenere che l’acqua sia a temperatura molto inferiore allo zero, e questo è possibile solo se essa è satura di sali che agiscono come un antigelo, abbassando il punto di congelamento. Non sappiamo con certezza quali possano essere questi sali, ma sappiamo comunque che sulla Terra ci sono microorganismi in grado di sopravvivere in ambienti così estremi” conclude la prof. Pettinelli.
Al momento, comunque, la possibilità di verificare la presenza di vita in tali ambienti sotterranei è ancora lontana. Non è facile perforare nemmeno la superficie terrestre a tali profondità: Marte è ben al di là delle nostre capacità tecnologiche attuali. Ma, si sa, il futuro riserva sempre incredibili sorprese.
Non solo Marte
Grazie alla scoperta pubblicata oggi su Science, sarà possibile cercare informazioni più mirate sul pianeta rosso, e riprogrammare le missioni future alla luce di quanto scoperto. Sotto la superficie, infatti, potrebbero esserci altri piccoli depositi di acqua liquida, magari connessi tra loro.
Ma non solo: i ricercatori guardano anche ad altri pianeti del Sistema Solare. Nel 2022 verrà lanciata la missione ESA Juice, che raggiungerà tre lune di Giove: Ganimede, Europa e Callisto. Tra queste, grande attesa viene riservata ad Europa, che sotto la sua coltre ghiacciata potrebbe nascondere un intero oceano di acqua liquida.
Testo di Adriana Postiglione, assegnista di ricerca per il Gruppo di Orientamento e Comunicazione della Fisica e della Matematica del Dipartimento di Matematica e Fisica di Roma Tre